lunedì 31 ottobre 2016

NEL SILENZIO PIU’ ASSOLUTO DEL GOVERNO, MIGLIAIA DI CORRENTISTI DI TRE BANCHE ITALIANE POTREBBERO PERDERE TUTTO.

E’ una vera e propria corsa contro il tempo quella che e’ in corso in Italia: Banca delle Marche ha bisogno di circa 1,2 miliardi di capitali freschi ed e’ il Fondo interbancario di garanzia dei depositi (Fitd), alimentato dall’insieme degli istituti finanziari del paese, che dovra’ sborsarli nelle prossime settimane.
Questa banca regionale e’ stata posta da un paio d’anni sotto amministrazione speciale dalla Banca d’Italia, dopo il fallimento dei diversi piani di salvataggio messi in opera per assorbire perdite per oltre 1 miliardo di euro ed a causa della sua incapacita’ a raccogliere fondi sul mercato.
Ma il governo Renzi deve agire adesso se vuole evitare di procedere al primo “bail-in” di un istituto di credito della Penisola sotto il nuovo regime europeo dei fallimenti, che sarebbe gravido di conseguenze nefaste per il sistema finanziario del paese.
A partire dal 1° gennaio prossimo, infatti, sara’ in vigore la nuova direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie (Brrd), che da poco e’ stata inserita anche nella legislazione italiana. La direttiva prevede che dopo gli azionisti ed i creditori, siano chiamati a contribuire in casi di fallimento anche i detentori di obbligazioni “unsecured” e persino i titolari di conti correnti al di sopra dei 100 mila euro di questo istituto di credito. Un disastro per i risparmiatori marchigiani, che formano la maggioranza degli – incolpevoli – correntisti.
Se la Banca delle Marche fallisse, inoltre, l’ammontare da coprire da parte di Banca d’Italia per i conti correnti che invece sono garantiti perchè hanno importi inferiori ai 100.000 euro, sarebbe di 7,5 miliardi di euro. Un cifra formidabile, trattandosi di contanti. Che innescherebbe probabilmente un secco rialzo dello spread, dovendo essere reperita sui mercati.
Il governo ovviamente si augura di evitare il ricorso a questa procedura; tantopiu’ che ci sono altri due istituti di credito sotto tutela pubblica: la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio e la Cassa di Risparmio di Ferrara (Carife) esattamente nelle medesime condizioni. Una catastrofe.
In tutto il Fidt sara’ chiamato a mobilitare circa 2 miliardi di euro in contanti per salvare le tre banche regionali. E saranno le banche piu’ grandi a metter mano al portafogli: Intesa Sanpaolo e UniCredit in particolare, con un versamento di 200 milioni ciascuna, copriranno il 40 per cento della somma, seguite da Mps, che è tutto dire, viste le sue fragilissime condizioni finanziarie.
I dettagli tuttavia di questo “salvataggio a catena” devono ancora essere approvati dalla Banca d’Italia e dalla Banca centrale europea. E il tempo stringe. Se non avverrà entro la fine dell’anno, moltissimi italiani correntisti di questi istituti di credito in dissesto si troveranno ad avere perso tutto. Proprio tutto.

"I vitalizi dei parlamentari ormai sono insostenibili". Panico tra i politici. Il siluro dell'Inps fa tremare la casta

Per gli ex parlamentari sono in pagamento 2.600 vitalizi per una spesa di 193 milioninel 2016, circa 150 milioni superiore rispetto ai contributi versati.

Lo dice il presidente dell’Inps, Tito Boeri in una audizione alla Camera sui vitalizi. "Applicando - dice - le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni di euro l’anno (760 milioni nei prossimi 10 anni)". Boeri nell’audizione sottolinea come la spesa negli ultimi 40 anni sia stata "sempre più alta dei contributi. Normalmente un sistema a ripartizione (in cui i contributi pagano le pensioni in essere) - precisa - alimenta inizialmente forti surplus perchè ci sono molti più contribuenti che percettori di rendite vitalizie. Nel caso di deputati e senatori, invece, il disavanzo è stato cospicuo fin dal 1978, quando ancora i percettori di vitalizi erano poco più di 500, prova evidente di un sistema insostenibile".

"Essendo il numero dei contribuenti fisso - dice - questi andamenti erano più che prevedibili. Eppure si è ritenuto per molte legislature di non intervenire. Addirittura si sono resi questi trattamenti ancora più generosi, come testimoniato da una crescita, per lunghi periodi, più accentuata della spesa che del numero di percettori. I correttivi apportati più di recente alla normativa, pur avendo arrestato quella che sembrava una inarrestabile crescita della spesa - continua - non sono in grado di evitare forti disavanzi anche nei prossimi 10 anni". "Con le regole attuali - sottolinea Boeri - la spesa per vitalizi è destinata ad eccedere anche nel prossimo decennio di circa 150 milioni l’anno i contributi versati da deputati e senatori. Applicando le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni. Vi sono 117 ex-deputati e senatori con lunghe carriere contributive per i quali il ricalcolo potrebbe comportare un incremento del vitalizio. I risparmi derivanti dal ricalcolo contributivo salirebbero a circa 79 milioni se la correzione alla luce del ricalcolo contributivo avvenisse solo al ribasso, tenendo conto del fatto che per la stragrande maggioranza degli ex- parlamentari ha ricevuto un trattamento di favore rispetto agli altri contribuenti". "Supponendo poi che il rapporto fra vitalizi in essere e vitalizi ricalcolati sia lo stesso per i consiglieri regionali, il risparmio complessivo in caso di ricalcolo per l’insieme delle cariche elettive - avverte il presidente Inps - salirebbe a 148 milioni di euro circa per il solo 2016 (e circa un miliardo e 457 milioni sui primi 10 anni presi in considerazione dalle nostre simulazioni). Si tratta, dunque, di misure non solo simboliche, ma in grado di contribuire in modo significativo alla riduzione della spesa pubblica o al finanziamento di programmi sociali".

Pazzesco a Roma. Ferrari e case con i soldi di Etruria, due arresti per la bancarotta della Privilege Yard

Civitavecchia, sviluppi nell'inchiesta sulla società che doveva costruire il maxi yacht. Al cardinale Bertone 700mila euro per beneficenze, consulenza da 500mila euro per l'ex senatore Baldassarri

ROMA - Se mai qualcuno avrà il coraggio di varare quella carcassa di yacht arrugginito, adagiato nel cantiere abbandonato della Privilege Yard al porto di Civitavecchia, un azzeccato nome di battesimo potrebbe essere "Mangiatoia". Quel progetto, infatti, nato col preciso obiettivo di succhiare denaro a un pool di banche (Etruria, Banca Marche, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm e Mps) ha sfamato l'appetito di tanti: dell'ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, degli ex parlamentari Mario Baldassarri e Vincenzo Scotti, del presidente dell'Autorità portuale Pasqualino Monti. E naturalmente quelli dell'imprenditore 76enne Mario La Via. L'uomo che diceva di voler costruire uno yacht, e invece regalava soldi non suoi.

Mario La Via, amministratore delegato della Privilege Yard fallita nel 2015, e Antonio Battista, componente del cda e unico delegato a operare sui conti bancari della società, sono finiti agli arresti domiciliari su ordine della procura di Civitavecchia, per i reati ipotizzati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati tributari e violazione della normativa antimafia. Con il denaro prestato dagli istituti bancari, per dire, avevano acquistato una Maserati e una Ferrari Coupé da 320mila euro. L'indagine del Nucleo tributario della finanza ricostruisce tutte le distrazioni patrimoniali attorno allo yacht mai varato. Rendendolo un corpo di reato lungo 127 metri.

Il maxi finanziamento concesso alla Privilege dal consorzio di banche (Etruria era la capofila) ammonta a 190 milioni di euro, di cui circa 125 milioni effettivamente erogati. Un progetto che non stava in piedi fin dall'inizio ma che ebbe sponsor di alto livello e coperture. Risulta agli atti una lettera di garanzia da parte della Barclays, ottenuta "ricorrendo a pressioni di organi amministrativi e politici".
Non solo.

L'ex ministro Vincenzo Scotti della Privilege era presidente onorario. Lui e l'ex parlamentare Fli Mario Baldassarri andarono di persona a una riunione con esponenti di Banca Etruria per perorare la causa di La Via. Lo ha raccontato ai finanzieri Carlo Maggiore, il responsabile della Direzione Corporate Finance di Etruria. E che c'entra Baldassarri? È il rappresentante legale della Economia Reale srl, società che ottiene da Privilege un paio di consulenze, "per attività svolta presso Unicredit e Intesa al fine di concretizzare la loro partecipazione al pool bancario". Il compenso era di 500mila euro.

Quando i finanzieri vanno a perquisire la mega villa di Mario La Via a Roma in zona Quarto Annunziata - una sobria dimora di 4 piani con sala cinema, discoteca, palestra, 3 saloni di rappresentanza, parco, campo da tennis, piscina e spogliatoi, ristrutturata con 4 milioni di euro stornati dalle casse della Privilege e fatta passare come la foresteria della società - scoprono un dettaglio minimo, ma che racconta molto. "Sono stati rinvenuti segnaposti per cene eleganti con personaggi di prestigio e la corrispondenza con il cardinale Bertone". Ecco che viene fuori quanto ricostruito da Repubblica e Liberonelle settimane scorse: 700mila euro di bonifici erogati a favore di associazioni italiane ed estere "su richiesta, indicazione e sollecitazione di Tarcisio Bertone, tra il febbraio 2008 e il novembre 2012". Privilege Yard pagava anche l'affitto della casa di Pasqualino Monti, il presidente dell'autorità portuale di Civitavecchia che ha concesso l'area del cantiere, per una somma complessiva di 43.200 euro, "a circa il triplo dei valori medi di mercato per gli anni 2011 e 2012". Ma per Mario La Via i soldi non erano un problema

fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2016/07/29/news/privilege_yard-145000225/?ref=fbpr

SCOPERTA CHOC DEL M5S SUL COSTO DELLA BENZINA! ECCO COME CI FREGANO A LORO PIACIMENTO POLITICI E LOBBY.

"Il prezzo del petrolio continua a scendere mentre quello della benzina rimane alto. Perché?
Per l’ennesima promessa del governo non mantenuta: l’anno scorso aveva detto che avrebbe cancellato le accise sulla benzina.
E invece no. Paghiamo ancora le guerre di 50 anni fa, emergenze finite con soldi mai arrivati. E il prezzo della benzina rimane alto. Tanto al governo che importa? A pagare sono solo i cittadini.
Ne abbiamo chiesto ragione al governo e la risposta ricevuta stamattina in Aula è stata sconcertante! Secondo il sottosegretario Baretta il prezzo finale non è influenzato dalle accise.
Ma il governo pensa che ci beviamo le sue frottole?

Questa bugia andasse a raccontarla a Renzi. È stato lui a promettere la riduzione delle accise.
Chi viaggia in Europa si accorge subito della differenza di prezzo dei carburanti. Non è che sono più bravi nel resto del Continente, è che da noi le accise incidono per il 70% sul prezzo finale. Checchè ne dica il sottosegretario. 
Insomma, il solito balletto di balle e irresponsabilità sulla pelle dei cittadini. Tanto al governo che importa? A pagare sono sempre i soliti. Cioè noi." Michele Dell’Orco, portavoce M5S Camera




97 MILIONI NOSTRI PER UNA GARA DI GOLF: COSI’ RENZI E MALAGO’ SI RIFANNO PER LA MANCATA “MANGIATOIA” DELLE OLIMPIADI A ROMA

Legge di Bilancio, governo stanzia 97 milioni a garanzia della Ryder Cup di golf: tutti gli interessi (e i vip) in ballo

 L’articolo 91 della bozza della legge di Stabilità copre una grossa fetta delle spese per la manifestazione che costerà oltre 120 milioni. Impossibile sapere a cosa serviranno quei soldi qualora qualcosa dovesse andare storto (è solo una garanzia dell’esecutivo). La Federazione non risponde alle domande de ilfattoquotidiano.it. E si scopre che nel comitato organizzatore ci sono il figlio di Gianni Letta, la moglie di Frattini, il renziano Guido Barilla, l’ex presidente Rai Gubitosi ed Evelina Christillin. Festeggiano il presidente Coni Malagò e la Coni Servizi di Franco Chimenti, che è anche il campo del golf italiano

Nella legge di Bilancio c’è una voce che merita di essere approfondita. Nell’articolo 74, comma 11 e 12, il governo ha stanziato 97 milioni di euro a garanzia della Ryder Cup Europe LLP, la società che organizza l’omonima competizione golfistica sul suolo europeo, che nel 2022 l’Italia avrà l’onore (e l’onere) di ospitare. Più o meno gli stessi soldi che il governo ha deciso di investire per la ristrutturazione dei campi sportivi e delle palestre di tutto il Paese nei prossimi tre anni. Certo, la Ryder Cup non è un torneo di golf qualsiasi: parliamo di una delle manifestazioni sportive più importanti del pianeta, terza per copertura mediatica dopo Olimpiadi e Mondiali di calcio, capace di richiamare 250mila tifosi da tutto il globo. Per portarla in Italia, sui terreni privati del Marco Simone Golf & Country Club di Guidonia Montecelio di proprietà della famiglia Biagiotti, ci vorrà un investimento complessivo di circa 120 milioni, a quanto apprende ilfattoquotidiano.it. Ma su questi soldi, al momento, si sa poco o nulla, visto che la Federazione Golf “preferisce non fornire alcun tipo di dettaglio su costi e finanziamenti del progetto”. Quel che è certo è che buona parte dei finanziamentiservirà per aumentare il montepremi dell’Open d’Italia. E che la manifestazione ha l’appoggio incondizionato delle istituzioni, ben evidente anche dalla composizione del comitato organizzatore, dove siedono il figlio di Gianni Letta, la moglie dell’ex ministro Frattini o il braccio destro di Giovanni Malagò al Coni (giusto per citare alcuni nomi). E infatti il governo dopo aver sostenuto politicamente la candidatura, ha deciso di farlo anche economicamente nella manovra.

Nel frattempo gli appassionati di sport che si aspettavano un impegno concreto del governo potrebbero restare delusi dalla prossima legge di Stabilità: poco o nulla è dedicato all’attività di base, nessuna risorsa supplementare rispetto a quei 100 milioni da spendere fra il 2015 e il 2017 per ristrutturare 183 impianti in tutto il Paese (a fronte di oltre 1.500 richieste per cui sarebbero serviti un miliardo e 300mila euro di contributi). In compenso, l’articolo 91 assegna 97 milioni di euro a garanzia del “Progetto Ryder Cup”, in particolare per “l’adempimento degli impegni assunti nel periodo 2017-2027, non coperti dai contributi dello Stato” a favore di Ryder Cup Europe LLP. Al momento, non è possibile sapere quanto si esporrà con precisione l’Italia: la Federazione Golf non ha voluto rispondere a nessuna delle domande de ilfattoquotidiano.it sui costi della manifestazione. In che misura verrà finanziata da contributi pubblici o privati, di chi e di cosa si fa garante il governo; nulla, nemmeno il costo complessivo dell’evento, nonostante la candidatura sia già stata assegnata. Anche perché, dopo il venir meno di Roma 2024 (e dei suoi fondi), alcune parti del progetto dovrebbero essere un po’ ricalibrate. Per ora bisogna accontentarsi di quanto c’è scritto nel testo della manovra: ovvero che i 97 milioni sono solo una garanzia, che in teoria non toccherà allo Stato sborsare quei soldi (non del tutto, almeno: sono previsti comunque dei contributi pubblici); e che la Federazione “provvederà a fornire annualmente una relazione sulle attività svolte, accompagnata da una analitica rendicontazione”. La trasparenza è rinviata al futuro, insomma. E se qualcosa dovesse andar storto, le responsabilità ricadrebbero sullo Stato. Come sempre del resto per i grandi eventi sportivi: la firma del governo è un passaggio di prassi, qualcosa di simile sarebbe stato previsto anche per le Olimpiadi di Roma 2024, ovviamente su un altro ordine di numeri (almeno 5 miliardi). Quello che il Movimento 5 stelle aveva definito “assegno in bianco per i Giochi” e che è stato una delle ragioni principali del no di Virginia Raggi.


Fonte: ilfattoquotidiano.it

domenica 30 ottobre 2016

Ilaria D'Amico massacra e zittisce quel pluri condannato di Berlusconi.

Ilaria D’Amico regala una grande prova di giornalismo e riesce a zittire Silvio Berlusconi durante un’intervista.
La giornalista ha zittito Berlusconi con i fatti, mettendolo all'angolo sulla questione dei rimborsi elettorali. La D’Amico è riuscita a rispondere alle frecciatine e agli attacchi mediatici di Berlusconi dando una lezione di giornalismo a tutti.


 Ilaria D’Amico lo incalza con una raffica di domande, si parla di tagli alla politica, dei consiglieri del Movimento Cinque Stelle in Sicilia e della campagna elettorale fatta dal partito anti-politico creato da Beppe Grillo.


(          V I D E O           )





Silvio Berlusconi ammette la sconfitta e si congratula con la giornalista: ‘Complimenti, è sufficientemente cattiva‘. 

eh no Silvietto non è cattiva e che sei abituato male. Giornalisti e non prendete esempio!

VIDEO CHOC! La montagna spaccata in due dopo il terremoto

venerdì 28 ottobre 2016

"Renzi sei irrecuperabile, la tua arroganza non ha limiti" CONDIVIDI SE LO PENSI ANCHE TU

PROPAGANDA DEL “SI” CON I SOLDI DEGLI ITALIANI: CONDANNATA SERRACCHIANI. E ADESSO VEDIAMO SE LA PARASSITA PAGHERA’ LA MULTA

“È una parata della sinistra che, con i soldi dei contribuenti, finanzia in modo sfacciato quanto imbarazzante la propaganda in favore della riforma costituzionale“.

Massiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera, batte i pugni sul tavolo per l’ennesima entrata a gamba tesa del Pd in favore del “sì” al referendum del 4 dicembre. Matteo Renzi, in difficoltà con i sondaggi, ha sguinzagliato i suoi per far campagna elettorale. Se ne infischia della par condicio. Pur di vincere è disposto a tutto.

A scatenare l’ultimo scontro, come riporta anche il Fatto Quotidiano, è stato un convegno organizzato dal vice segretario piddì Debora Serracchiani. Lo scorso 7 ottobre la sede della Regione Friuli Venezia Giulia si è, infatti, tenuto l’incontro “Riforma costituzionale e autonomie speciali”. Già dalla sede, però, si capisce che la Serracchiani non l’ha organizzato da esponente dem ma da governatrice. E qui subentrano un po’ di problemi. Per prima cosa ha invitato solo politici asserviti a Renzi e, quindi, favorevolissimi alla riforma costituzionale. Il sindaco di Udine Furio Honsell, il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop, il ministro alla Affari regionali Enrico Costa e i presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano Ugo Rossi e Arno Kompatscher non hanno fatto mistero dell’intenzione di votare “sì” al referendum. Tutto questo a spese dei contribuenti.

“Non solo questo spudorato manifesto per il ‘sì’ al prossimo referendum del 4 dicembre è stato pagato con risorse pubbliche – attacca la grillina Elena Bianchi – ma si è svolto in piena violazione della par condicio e in totale assenza di contraddittorio”. Il Movimento 5 Stelle ha così presentato un esposto all’Agcom che ha sanzionato la Serracchiani per aver violato le regole della par condicio e ha ordinato la Regione a pubblicare sulla homepage del proprio sito l’indicazione col convegno è stato organizzato senza rispettare la legge. “Pur di far vincere il ‘sì’ al prossimo referendum costituzionale – tuona la Bianchi – la Serracchiani è disposta a fare di tutto, anche a violare spudoratamente la par condicio. Fortunatamente – conclude – l’abbiamo beccata con le mani nella marmellata”.

giovedì 27 ottobre 2016

GIORGIA: "IO STO CON VIRGINIA RAGGI". CONDIVIDI SE SEI D'ACCORDO

LA SAPETE L'ULTIMA DELL'AIUTINO ALLA "LADY" DI RENZI? NON AVEVA I REQUISITI PER LA CHIAMATA DIRETTA.

Gli aiutini di Renzi alla moglie Agnese: assunta con chiamata diretta nonostante fosse priva dei requisiti richiesti

Fonte: Dagospia.com 

di Christian Campigli e Alessia Pedrielli per "la Verità" 

«Un giornalista? No guardi, la preside non parla con nessun giornalista. Anzi, se ne vada immediatamente, altrimenti abbiamo l'ordine di chiamare i carabinieri». Ci hanno ricevuto così all'Istituto Tecnico Peano di Firenze, mentre Agnese Landini, moglie di Matteo Renzi, era a cena alla Casa Bianca in compagnia del presidente Obama. 

Da settembre la first lady lavora qui, in una delle scuole più prestigiose della città, come docente di italiano e latino. Ma dopo nemmeno un mese ecco, già, il primo impegno (del consorte) che la porta lontano dai suoi alunni. 

Nulla di illecito, per carità: Agnese, adesso non è più una precaria, insegna part time ed è bastato un permesso per motivi familiari per volare dall'altra parte dell'oceano. Ma come è arrivata, da impegnatissima- moglie- di premier, ad essere assunta in un rinomato istituto, non lontano da casa, nell'annus horribilis della scuola italiana? 

domenica 23 ottobre 2016

"VAFFANCULO RENZI". Il vigile del fuoco che in un minuto sputtana Renzi. Diffondiamolo tutti

Il “vaffa” a Renzi del vigile del fuoco. “Dopo la fatica del terremoto continuiamo a prendere schiaffi dal governo”

“Il nostro lavoro è un lavoro sociale, Renzi si doveva assumere questa responsabilità, non ci deve abbracciare quando siamo sul campo in ginocchio per la fatica durante il terremoto lungo il suo percorso, Renzi doveva abbracciare i vigili del fuoco con il rinnovo di un contratto decente che valorizzi quella che è una struttura fondamentale dello Stato sociale”. A dirlo uno dei tanti Vigili del Fuco presente al corteo “No Renzi Day” del 22 ottobre a Roma, spiegando perché anche loro sono scesi in piazza e perché voteranno “No” al referendum costituzionale

giovedì 20 ottobre 2016

“SE DICO LA VERITA’ SU BANCA ETRURIA CADE IL GOVERNO”: BUFERA SU BOSCHI E GOVERNO. L'EX MASSONE PRONTO A VUOTARE IL SACCO

Flavio Carboni mette nei guai la Boschi e Renzi: “Se parlo cade il governo”
Il noto faccendiere sardo, già coinvolto nella morte del banchiere Calvi e nella P3, parla dei suoi rapporti con i padri della Boschi e di Renzi e fa rivelazioni scottanti su Banca Etruria
“Questa cosa qui è una bomba atomica se esplode è un casino e nientepopodimeno cadono tutti e due (Renzi e la Boschi ndr) e appresso a loro il governo…”.
Parola del faccendiere Flavio Carboni che, in un’intervista a Libero racconta i suoi rapporti con Pier Luigi Boschi, Tiziano Renzi e l’amico Valeriano Mureddu, imprenditore di origini sarde, cresciuto a pochi passi da casa Renzi a Rignano sull’Arno e poi stabilitosi ad Arezzo.
Nell’estate del 2014, infatti, si sarebbe tenuto a Roma un summit tra Mureddu e il padre della Boschi a cui avrebbe partecipato anche Lorenzo Rosi, ex presidente di Banca Etruria, con lo scopo di trovare un nuovo direttore generale e nuovi patner esteri per ripianare il buco della banca. “Ma non ho partecipato a quelle riunioni, non avrei portato nessun contributo e allora ho lasciato che parlassero loro. Io gli ho messo a disposizione l’ufficio… La mia era veramente solo ospitalità”, precisa Carboni, già coinvolto nell’inchiesta sulla morte di Guido Calvi e nel processo sulla P3.
Carboni conferma anche al Fatto Quotidiano di aver incontrato per bene tre volte il papà della Boschi e di avergli fatto il nome di Fabio Arpe, fratello di Matteo Arpe, come direttore generale per la sua banca. Il nome di Fabio Arpe viene fatto a Carboni da un altro massone, l’ex leghista Gianmario Ferramonti.Pier Luigi Boschi, poi, sarebbe intervenuto attivamente cercando di inserire sull’assetto bancario cercando di inserire l’amico comune Mureddu che diventa di fatto l’intermediario di tutta l’operazione, come racconta lui stesso con una telefonata al Fatto. “Non c’è nulla di male a rivolgersi alle persone che si ritengono intelligenti e affidabili”, premette Mureddu. “Quando Boschi, parlando a tavola del più e del meno, mi ha chiesto se per caso conoscessi qualcuno da inserire in banca, ho pensato di rivolgermi a chi sapevo avere una rete affidabile di persone”. Quindi contatta Carboni, “che stimo profondamente”, spiega. Mureddu, poi, conferma di conoscere benissimo Matteo Renzi e suo padre Tiziano ma precisa di non averli più sentiti da quando lui è diventato premier “per non dare adito a strani pensieri”, mentre con Pier Luigi Boschi divenne amico quando andò ad Arezzo per occuparsi di agricoltura. Ma Boschi padre “non mi ha dato alcun incarico, chiariamo”, chiarisce Mureddu. “Semplicemente mi ha chiesto un consiglio come si fa tra persone che si stimano”.
Dalle pagine di Repubblica traspare, invece, la posizione del padre della Boschi che ha rilasciato a Bankitalia la sua versione dei fatti in una memoria difensiva in cui spiega di aver sempre agito in accordo con la Vigilanza e che la mancata verbalizzazione di certi incontri della Commissione “è pienamente giustificata dal carattere informale, e comunque solo consultivo e di raccordo della stessa, nonché dal fatto che è stata solo in rarissime circostanze convocata collegialmente. Avevamo l’obbligo, puntualmente adempiuto, di riferire al cda. Non si comprende dunque il cenno degli ispettori alla mancanza di trasparenza”. Ora Le dichiarazioni di Carboni e Mureddu sembrano smentire questa versione.

Episodio vergognoso in diretta al TG della Rai. Mai nessuno era arrivato a tanto contro il M5S. Guardate cos'hanno detto:

In questi giorni la macchina del fango contro il MoVimento 5 Stelle si è messa in azione, attivata dalla stampa e cavalcata dal Pd, guarda caso a ridosso di elezioni amministrative in cui il MoVimento 5 Stelle corre per vincere e fa paura. L’obiettivo di questa sistematica opera di discredito del MoVimento 5 Stelle non si gioca sui contenuti, ma è volta a delegittimare il MoVimento 5 Stelle recuperando notizie vecchie e accompagnandole con commenti, illazioni e supposizioni di parlamentari che non appartengono più al MoVimento 5 Stelle e che oggi militano in altri partiti.
Quella del server "parallelo" attivato da un ex parlamentare MoVimento 5 Stelle è una storia su cui siamo i primi a volere che si faccia luce e chiarezza, perché in ballo ci sono la sicurezza di dati e messaggi privati di esponenti del MoVimento 5 Stelle.

CLAMOROSO: la notizia che stavamo tutti aspettando. Renzi ufficialmente denunciato. Ecco da chi..

Si mette male per Matteo Renzi. Stando a quanto scrive il ilfattoquotidiano.it , il Premier sarebbe stato denunciato dal Presidente Adusbef, Elio Lannutti.

Riportiamo l'articolo:


L'ex senatore Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef, ha presentato un esposto. Elencati i big che avrebbero usufruito della depenalizzazione. Oltre l'ex Cavaliere, anche Profumo e Prada.Tra i reati ipotizzati, il falso in atto pubblico.

 
Una denuncia penale alla Procura di Roma. Con trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri. Il tutto per accertare se la delega fiscale abbia travalicato le normali competenze «costituendo in tal modo un reato commesso nell’esercizio delle funzioni del ministro o del presidente del Consiglio».
Guai in vista per Matteo Renzi, preso con le mani nel sacco per le impronte digitali lasciate sul luogo del “delitto”. E’ stato il premier in persona, del resto, ad ammettere che la famosa “manina” di Palazzo Chigi che aveva scritto le norme più  contestate era proprio la sua. Un’ammissione che ora rischia di costargli un’indagine per falso in atto pubblico. Per l’esposto-denuncia presentato dall’ex senatore Elio Lannutti, presidente dall’Adusbef (Associazione di utenti bancari finanziari assicurativi e postali) allaProcura della Repubblica di Roma in seguito alla vicenda della norma salva-Silvio, spuntata la vigilia di Natale nella delega fiscale dopo che il Consiglio dei ministri aveva già deliberato sul provvedimento. L’associazione di Lannutti vuole vederci chiaro e per questo chiede alla magistratura di accertare se con la normativa, «probabilmente scritta da studi legali che difendono imputati eccellenti di frodi fiscali a danno della fiscalità generale e dei contribuenti onesti tartassati», anche per colpa «di evasori che sottraggono circa 120 miliardi l’anno» all’Erario, il premier non sia andato oltre i limiti  delle norme che regolano le sue competenze e la correttezza dei procedimenti legislativi.
La vicenda è nota. Con il pretesto della certezza del diritto nei rapporti tra contribuenti e fisco, la norma voluta dal premier avrebbe finito per depenalizzare, con effetto retroattivo, i reati di frode ed evasione fiscale qualora l’Iva o le imposte sui redditi evase non superassero il limite del 3 per cento rispettivamente sull’ammontare dell’imposta o dell’imponibile dichiarato. Risultato: chi più evade più guadagna, senza rischiare la galera, ma solo sanzioni amministrative. «Chi fattura un milione di euro, poteva evadere fino a 30 mila euro, chi fattura un miliardo poteva evadere, per effetto del 3 per cento, 30 milioni di euro – si legge nell’esposto dell’Adusbef – Uno schiaffo ai contribuenti onesti spina dorsale della fiscalità generale» e un vero e proprio regalo per una serie di famosi personaggi e aziende di primo piano finite nel mirino dell’amministrazione finanziaria e delle procure.

Il caso di Silvio Berlusconi, già condannato in via definitiva per frode fiscale e che ovviamente avrebbe beneficiato pure lui del “condono”, non è neppure il più eclatante. Perché, come ricorda Lannutti, quella norma rischiava di far saltare una lunga serie di processi in corso. «Dai presunti fondi neri e tangenti in relazione agli appalti per il Sistri dell’inchiesta Finmeccanica a quella per presunta frode fiscale nella cosiddetta “operazione Brontos”, che vede indagato anche l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo (si parla di 245 milioni di euro sottratti al fisco dal 2007 al 2009), di cui la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio nel giugno scorso». Tra i potenziali beneficiari c’è anche la famiglia Riva, già proprietaria dell’Ilva di Taranto, finita nei guai proprio per frode fiscale. Ma c’è anche la famiglia Aleotti, proprietaria della Menarini Farmaceutici, nella bufera per i «178 milioni spesi per acquistare il 4% di Banca Mps», che gli inquirenti sospettano siano arrivati «da 1,2 miliardi di euro accumulati con la contestata truffa sui principi attivi dei farmaci, con la corruzione di pubblici ufficiali e con numerosi reati di frode fiscale». Senza contare i vantaggi che ne avrebbero tratto big dell’imprenditoria «come Prada (ha sborsato 470 milioni, ma la procura di Milano come “atto dovuto” ha ancora aperto un fascicolo per “omessa o infedele dichiarazione dei redditi”, che vede indagati proprio Miuccia Prada, Patrizio Bertelli, e il loro commercialista) e Armani (270 milioni)».

PAZZESCO: la stampa estera sfancula quella italiana e difende la Raggi da tutto il fango ricevuto

Virginia, un femminicidio mediatico

Premessa: 1) non ho mai votato per il Movimento 5 Stelle; 2) non ho mai incontrato Virginia Raggi e, perciò, non mi permetto di giudicarla; 3) non entrerò nel merito delle questioni romane (la pesante eredità del passato, i pasticci nel formare la giunta, gli scontri fra il sindaco e i suoi colleghi di partito) che non mi sono del tutto chiare e, comunque, meriterebbero un’analisi seria e approfondita.
Però…
…però sento l’obbligo – sì, l’obbligo – di spendere qualche parola per quanto è avvenuto e sta avvenendo, dal 20 giugno 2016 (giorno dell’elezione), nella vita della trentottenne che guida dal Campidoglio la città caput mundi (prima donna in 2.769 anni di Storia).
Partiamo dall’inizio.
La sua vittoria non ha suscitato il benchè minimo entusiasmo tra le numerose aggregazioni femminili italiane, di solito orgogliosamente velocissime nel sottolineare i successi di signore e signorine.
Anzi…
Riporto quanto ho scritto proprio qui dopo il voto: “L’appartenenza grillina ha oscurato l’appartenenza di genere, diciamolo (…) Perfino fra le militanti di molte associazioni femminili. Da cui è arrivato un fragoroso silenzio o, tutt’ al più, qualche cigliosa presa d’atto, giungendo  addirittura a sottolineare maliziosamente le differenze fra Chiara Appendino (che a Torino ha sbaragliato il sindaco uscente, Pietro Fassino) e la Raggi in termini di obbedienza al Movimento 5 stelle. Di più. Si è rimproverato a entrambe di non aver usato il sostantivo sindaca al posto di sindaco… Nessuna, insomma, ha stappato entusiasticamente bottiglie di champagne nella trincea rosa del Paese. E sul fronte maschile come è andata? Peggio mi sento (a cominciare dal marito della Raggi, che proprio la sera dell’elezione, con una lettera aperta diffusa via Twitter, ha messo in piazza la crisi del loro matrimonio; ed è stato bacchettato su l’Espresso). Come ha raccontato Nadia Somma, di Demetra donne in aiuto, Chiara e Virginia sono state trattate alle stregua di due fenomeni da baraccone, scatenando uno “stupidario”: “Riferimenti all’abbigliamento e all’avvenenza, linguaggio informale (per molti giornalisti e giornaliste sono “le ragazze” e  Raggi è “a moretta”) o smaccatamente sessista (bambola, bambolina, fatina). Alcuni articoli sono irritanti altri involontariamente comici”. E giù con una serie di citazioni. Ben visivamente riassunte, peraltro, nel tweet di Tania Marocchi, dell’European Policy Centre, che offre un eccellente colpo d’occhio sui titoli dei quotidiani italiani: da “Roma in bambola” (Il Tempo) a “Ma saranno capaci?” (Libero)”.
Questo, appunto, all’inizio.
Dopo, tra luglio, agosto e settembre, è andata ancor peggio.
Decisamente peggio.
Senza – lo ripeto – entrare nel merito delle complesse vicende politiche, annoto che Virginia è stata costantemente sbattuta in prima pagina.
È stata sottoposta, cioè, al trattamento che (in un tempo per fortuna lontano) si riservava ai mostri della cronaca condannandoli prima dei processi.
Non basta.
In poche settimane ha avuto da parte dei telegiornali più minutaggio di quanto il Movimento 5 Stelle abbia collezionato negli ultimi due anni.
E il culmine è stato raggiunto domenica 11 settembre.
Quel giorno, infatti, tutti i più importanti quotidiani italiani, i notiziari televisivi e radiofonici hanno utilizzato un banale articoletto sul maltempo dell’Osservatore romano, il quotidiano del Vaticano, elevandolo al rango di presa di posizione della Santa Sede contro l’operato della Raggi.
Una balla spaziale.
Tanto che, letti i giornali, l’autorevole Monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, si è affrettato a smentire.
Qualcuno ha forse detto o scritto “Abbiamo sbagliato”?
Qualcuno per caso ha chiesto scusa al Vaticano e al Campidoglio?
Nisba.
Solo Marco Travaglio, su il Fatto Quotidiano e, poi, in tv, ospite di Lilli Gruber aOtto e mezzo, ha parlato chiaro, anzi chiarissimo, raccontando, dati alla mano, come la stampa abbia gonfiato il… nulla e insabbiato, il giorno dopo, le parole di Becciu.
Capito?
Mica è finita.
Alla ricerca di non si sa bene che cosa, le troupe televisive hanno assediato l’abitazione privata di Virginia come non si è mai visto fare, nella lunga storia della Repubblica, con qualsivoglia politico.
E, tuttavia, esclusa la diretta interessata, nessuno ha fiatato.
Mentre, per dire, è bastata una vignetta sul ministro Maria Elena Boschi per scatenare il pandemonio e financo lo sdegno di chi, paladino “Senza se e senza ma” della satira, proclamava “Je suis Charlie”.
Ecco, concludo.
Scommetto che se al posto della Raggi ci fosse qualcun'altra e subisse lo stesso trattamento si urlerebbe al femminicidio mediatico.
Invece qui – a parte Travaglio – stanno tutti zitti.
E, quel che è peggio, tutte zitte…

Fonte: http://www.tvsvizzera.it/radio-monteceneri/Hypercorsivi/Virginia-un-femminicidio-mediatico-8041420.htmlb

Bufera nel PD! “Per 15 anni favori alla cosca in cambio di voti”: arrestati 4 esponenti Pd. C’è un ex sottosegretario

Operazione della Procura di Catanzaro, coinvolte 10 persone. Ai domiciliari anche Sandro Principe, membro dei governi Amato e Ciampi e uomo forte dei democratici in provincia di Cosenza. Secondo i magistrati i componenti del clan Lanzino-Rua venivano assunti (e mai licenziati) dalle municipalizzate

‘Ndrangheta e politica ancora insieme nelle carte dellaDirezione distrettuale antimafia di Catanzaro. Ai domiciliari sono finiti 4 esponenti del Partito democratico e del centrosinistra: l’ex sottosegretario al Lavoro dei governi Amato e Ciampi Sandro Principe (ex sindaco di Rende e ex consigliere regionale),Umberto Bernaudo (anche lui ex sindaco di Rende), l’ex consigliere provinciale Pietro Ruffolo e l’ex consigliere regionaleRosario Mirabelli, in passato vicino al Nuovo Centrodestra e all’ex presidente Giuseppe Scopelliti, ma candidato alle Regionali 2014 con il centrosinistra, nella lista Oliverio Presidente. Sono finiti tutti ai domiciliari. Le accuse sono a vario titoloconcorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio ecorruzione in un’inchiesta sulla cosca Lanzino-Rua che ha portato all’arresto di 10 persone. Secondo la Procura l’intreccio politico-mafioso ha consentito ai candidati alle elezioni comunali di Rende dal 1999 al 2011, per il rinnovo del consiglio provinciale diCosenza del 2009 e del consiglio regionale della Calabria del2010, di ottenere l’appoggio elettorale da parte di personaggi di rilievo del clan. “È buono però dai! così, ci sarà pane per tutti, o no?” dicevano nelle telefonate. “Buono buono ma Principe ha sfondato, compà”. L’operazione di oggi rischia di provocare un terremoto politico in tutta la Calabria. I personaggi arrestati, infatti, per anni hanno rappresentato lo zoccolo duro che ha contribuito nel 2014 alla vittoria del centrosinistra alle Regionali.


I carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e dal sostituto procuratore della Dda Pierpaolo Bruni, hanno smantellato un sistema ultradecennale che aveva come fulcro l’amministrazione comunale di Rende. Tra le attività illecite vengono individuati l’affidamento in gestione di locali pubblici comunali a personaggi appartenenti alle cosche. In sostanza, la politica si faceva carico di assumere soggetti legati alla ‘ndrangheta nella società municipalizzata che si occupava dei servizi comunali.
Queste persone poi non venivano licenziate nonostante lecondanne e, anzi, ricevevano la promessa dell’erogazione di fondi pubblici per finanziare una cooperativa creata ad hoc per la gestione dell’area mercatale di Rende che sarebbe stata affidata a un personaggio di vertice della ‘ndrangheta cosentina. Tra gli assunti anche il boss Ettore Lanzino che, con i politici arrestati, avrebbe stipulato veri e propri patti elettorali in occasione dei vari appuntamenti.
L’ex sottosegretario Principe veniva indicato come il “capo” che sceglieva anche il suo successore come sindaco di Rende. “Eh … c’era il capo che hanno fatto entrare tra gli applausi finali” dice di lui uno degli intercettati. E ancora: “Eh l’applauso, l’applauso gli fa lui … omissis… invece di sceglierlo il popolo, lo sceglie lui ogni volta. A lui i voti di famiglia glie li do perché oh, figurati e roba varia, però che…”. “Il contesto nel quale si colloca l’attività di Sandro Principe – scrive il gip Carlo Saverio Ferraro – comprende il legame con esponenti apicali della cosca Lanzino-Rua, che avevano fornito l’appoggio nelle diverse campagne elettorali o primarie, D’Ambrosio Adolfo, Di Puppo Michele, Patitucci Francesco e Di Puppo Umberto, affiliati di primo piano storicamente collocati nella cittadina Rende. Dagli elementi acquisiti emergeva come Principe avesse costituito nel corso di decenni un ‘sistema’ del quale era l’unico ‘capo’”.
Nel 2012 al comune di Rende erano arrivati i commissari prefettizi. Al termine del procedimento, un anno dopo, un decreto del ministro dell’Interno Angelino Alfano aveva dichiaratol’insussistenza dei presupposti per lo scioglimentodell’amministrazione per infiltrazioni mafiose. “Avevamo ragione noi” era stato il commento di alcuni parlamentari del Pd in una nota congiunta firmata tra gli altri dalla presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi, il segretario regionale del PdErnesto Magorno e i deputati Enza Bruno Bossio e Alfredo D’Attorre (ora in Sinistra Italiana). “A Rende nessuna infiltrazione criminale – avevano aggiunto allora – Ora i rendesi potranno tornare a votare la prossima primavera con la certezza che la mafia non è mai entrata nelle stanze del Comune. Avevamo ragione noi del Pd che sempre abbiamo sostenuto la forza della tradizione democratica di Rende, modello ultradecennale di buon governo in Calabria”.
Ma nell’inchiesta è finita anche l’ultima campagna elettorale del 2014 per le Comunali. Nonostante fosse detenuto (oggi al 41 bis), uno dei boss arrestati è stato intercettato in carcere mentre poneva le sue condizioni: chiedeva una somma di denaro, lamentando gli scarsi benefici ottenuti dalla cosca nel recente passato, nonostante si fosse occupato di monitorare l’attività politica dai principali candidati.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/23/ndrangheta-per-15-anni-favori-alla-cosca-in-cambio-di-voti-arrestati-4-esponenti-pd-ce-un-ex-sottosegretario/2574055/

mercoledì 19 ottobre 2016

FRANCIA, E’ GUERRA CIVILE MA LA STAMPA RENZIANA CENSURA TUTTO: POLIZIOTTI IN RIVOLTA, CLANDESTINI SCATENATI, HOLLANDE BARRICATO ALL’ELISEO

Francia: ormai è guerra civile, ma la stampa renziana censura tuttoPoliziotti in rivolta, immigrati scatenati, professori e medici nel mirino dei fanatici. Paese nel caos e Hollande chiuso a palazzo come Ceaușescu

Voi non lo sapete perché la stampa renziana censura tutto, ma la Francia è sull’orlo del caos. Tra martedì 18 e mercoledì 19 ottobre, per la seconda notte consecutiva centinaia di poliziotti, esasperati dagli ordini suicidi e genocidi della sinistra di governo, sono scesi in strada in varie città a cominciare da Parigi dove hanno bloccato il traffico della zona dei Campi Elisi e accanto alle loro auto coi lampeggianti accesi hanno cantato quell’inno nazionale che la “gauche” vorrebbe cambiare perché “troppo di destra”.

Il governo e il direttore della Polizia Nazionale avevano minacciato gli agenti e spiegato nel pomeriggio di martedì che tali azioni dimostrative erano “inaccettabili” e comportavano gravissime punizioni, ma i poliziotti hanno risposto che inaccettabile è fare da passivi testimoni all’eliminazione del proprio popolo. “A questo punto – scrive Le Figaro – al Ministero dell’Interno si è diffuso il panico e si è dato ordine di rafforzare la guardia alle entrate del palazzo presidenziale”. Agenti “fedeli” al presidente schierati contro la massa “ribelle”. Scene che sembrano uscire dalla Bucarest assediata del tiranno comunista Ceaușescu (peraltro compagno di merende della sinistra-champagne europea che poi lo ha rinnegato).

Ma cosa sta succedendo? Si avvicinano le elezioni e la sinistra ha bisogno di vincere ancora grazie al voto dei “migranti” e così non solo si impennano le naturalizzazioni d’ufficio con cui si regala la cittadinanza (soprattutto – secondo i dati – a magrebini e subsahariani) ma si alza la soglia delle “marachelle” tollerate. Le bande di “nuovi francesi” che ormai da anni controllano tutte le periferie francesi e che dieci anni fa scatenarono quella che Le Pen definì la “prova generale della guerra civile”, negli ultimi mesi hanno fatto una escalation incredibile.

Non passa giorno senza che nelle scuole e negli ospedali professori e medici vengano aggrediti da gruppi di fanatici che li accusano di razzismo o scarso rispetto delle loro leggi che sono diverse da quella “infedele” francese. L’elenco delle botte ai “formaggini bianchi” lo si trova su alcuni giornali ed è infinito ma l’ultimo episodio di “colore” riguarda un professore massacrato di botte per aver ricordato agli alunni di essere lui il maestro: offesa intollerabile visto che, come gli è stato ricordato, l’unico maestro è Allah, e non parliamo poi della “offesa” rappresentata dalla presenza di insegnanti donne e dalla “intollerabile offesa” degli “Asterix bianchi” che vorrebbero insegnare a scuola la storia e la cultura “degenerata” francese.

Dalle sberle però si è passati in questi giorni alle molotov contro le scuole e persino la ministra dell’Istruzione, di origine magrebina, ha dovuto ammettere che i funzionari pubblici sono ormai nel mirino e che la situazione è grave.
Se ne erano accorti per primi i poliziotti che da un lato sono in prima linea sul fronte del terrorismo vero e proprio e dall’altro fronteggiano quotidianamente le periferie che sono zone dove spesso i fanatici si formano e si nascondono trovando collusioni e simpatie. Stati nello Stato, territori perduti della Repubblica dove dalle sassate alle poche auto di pattuglia si è passati alle bottiglie incendiarie di tre settimane fa che hanno ferito gravemente due agenti e hanno fatto traboccare il vaso.
Da lì in avanti poliziotti e uomini delle squadre speciali hanno raccontato ai giornali che la sicurezza di Stato era una farsa costruita su pochi agenti mandati allo sbando di fronte a gruppi di delinquenti, con l’ordine di non infastidirli. “Evitiamo di intervenire, evitiamo di raccogliere le denunce, evitiamo di scendere dall’auto per non scatenare reazioni-raccontavano- in pratica facciamo finta di agire, ma così si va al massacro della gente onesta e poi nostro”. Esagerazioni le ha definite la sinistra al governo, ma persino la comunità cinese che non si fa mai sentire, nell’ultimo mese ha portato in piazza due volte migliaia di persone con le bandiere francesi per denunciare la violenza incontrollata delle bande magrebine nei quartieri e per chiedere al governo di far lavorare gli agenti per riportare la legge e frenare gli episodi di impunito razzismo contro i bianchi e gli asiatici.
Naturalmente non hanno ottenuto nulla se non la solidarietà del Fronte Nazionale e del centrodestra di Sarkozy che però poi, nelle urne, fa comunella con la sinistra contro le Le Pen. Una situazione di disastro anche morale con una classe media bianca – cristiana impoverita e abbandonata e casi incredibili come quelli delle vittime dell’attentato di Nizza private dei sussidi sociali e messe alla fame mentre gli stessi assegni vengono distribuiti con generosità alle persone schedate per terrorismo.
Nel 2006 il generale Pierre Marie Gallois, autorità assoluta nel mondo militare, ci disse (vedi “la Padania” di allora) che nel 2016 ci sarebbe stato l’inizio di una guerra civile francese che gli islamisti con la complicità della sinistra avrebbero rischiato di vincere. Beh, pare che ormai ci siamo se persino seri giornali inglesi scrivono che fonti qualificate avvertono che da “quartieri fuori controllo” potrebbero essere sparati missili terra-aria sui velivoli in atterraggio a Parigi. Tutto questo però non smuove la cattosinistra italiana che verso il “modello francese”, verso il caos francese corre alla velocità della luce e sui suoi mass-media censura ogni cattiva notizia dalla Francia ma si inquieta per le cupole della cattedrale ortodossa russa che “rovinano” il profilo di Parigi mentre le decine di moschee paiono abbellirlo vieppiù.
E la chiesa di Francia? Risponde il filosofo francese di origine ebraica Alain Finkielkraut che ha detto: “Apprendiamo con sgomento che per la Chiesa francese è sempre l’aggredito ad essere colpevole dell’aggressione di cui è vittima, e che quello che viene definito dialogo con gli islamici non è altro che totale sottomissione con il plauso della chiesa mediatica”. Il KO è davvero vicino.

DITO MEDIO DEL PARASSITA PD MENTRE I CINQUESTELLE DENUNCIANO L’ENNESIMO FURTO DEI PARTITI

Finanziamento partiti: Luciano Agostini (Pd) mostra il dito medio ai deputati del Movimento 5 Stelle (VIDEO)
Banconote false, insulti e gestacci. La legge sui rimborsi ai partiti senza rendiconto viene salutata alla Camera con una pittoresca bagarre. Dopo il discorso del grillino Danilo Toninelli, dai banchi del Movimento 5 Stelle parte il lancio di banconote false da 500 euro, accompagnate dal coro “Vergogna, vergogna”.
La vicepresidente della Camera invita la sicurezza a intervenire e chiede ai parlamentari pentastellati di mettere fine alla protesta. Che, come si vede nel video pubblicato su Facebook dal gruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, causa la reazione dei deputati democratici. E se Gianni Cuperlo si limita a un’occhiataccia, diversa è la risposta di Luciano Agostini che mostra il dito medio, accompagnandolo con insulti.

PAZZESCO! IL M5S HA SCOPERTO LA SERRACCHIANI! VOLEVA AUMENTARSI LA SUA "PICCOLA" INDENNITA'.

Elisabetta Batic sul Gazzettino: “Non è andato a buon fine il tentativo della maggioranza di centrosinistra in Consiglio regionale di aumentare l’indennità di trasferta e rimborso spese per le missioni della presidente della Regione Debora Serracchiani e della sua Giunta. Si trattava di un incremento di 30 mila euro inserito all’interno della Finanziaria, al vaglio in questi giorni dell’Assemblea legislativa, ma stoppato di fatto da un emendamento del Movimento 5 Stelle.
Emendamento che proponeva di stornare i 30mila euro in questione per farli confluire nel Fondo per lo sviluppo destinato alle piccole e medie imprese che i grillini già da mesi alimentano rinunciando a parte dei loro stipendi. Vuoi per mancanza di attenzione o per una lettura troppo frettolosa dell’emendamento è stata votata dai 5 grillini proponenti mentre l’astensione del centrosinistra ha permesso al M5S di fare goal col blitz di Elena Bianchi, Cristian Sergo, Ilaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin e Andrea Ussai.
«Sai com’è – commenta la consigliera Frattolin – ora che la presidente è così impegnata a Roma …». Impossibile, infatti, non rilevare che il tentativo di aumentare l’indennità di trasferta della presidente arriva all’indomani del suo nuovo incarico all’interno della segreteria nazionale del Pd al fianco di Matteo Renzi.”

MAFIA CAPITALE, BUZZI STA PARLANDO! “ECCO I 30 POLITICI NEL MIO LIBRO PAGA”. COMPRESO UN SUPER GALOPPINO DELL'EX SINDACO MARINO. ECCO CHI SONO

Altro che Pd, Roma era nelle mani di Salvatore Buzzi! Il capo della coop “29 giugno”, che si trova ora in carcere ha svelato la rete di corruzione: Trenta politici: 2 assessori della giunta Alemanno, 5 assessori, 18 consiglieri comunali e 5 presidenti di municipio della stagione Marino. “La nuova Amministrazione Marino mi aveva posto a carico i costi di 4,5 assessori, 18 consiglieri comunali, 4, 5 presidenti di municipi“, ha detto ai magistrati Buzzi, che ha anche fatto il nome di un assessore della giunta: “Il primo degli assessori della giunta Marino con cui ho avuto rapporti di tale natura è Maurizio Pucci, durante la campagna elettorale del 2006, quando gli erogammo finanziamenti e gli mettemmo a disposizione un’autovettura che lui non voleva più restituire. Nell’ultima consiliatura, però, non ci sono state altre erogazioni”
Il verbale, Buzzi: «Questi i politici a libro paga»
Scrive Ivan Cimmarusti sul Sole 24 Ore:
«Mi ero fatto carico di 5 assessori, 18 consiglieri comunali e 5 presidenti di municipio» del Comune di Roma, assicura Salvatore Buzzi, il braccio imprenditoriale di Mafia Capitale.
È il verbale d’interrogatorio del 23 luglio scorso a svelare nuovi spaccati della presunta rete di corruzione politica. Un «sistema» che avrebbe interessato, secondo Buzzi, anche l’ex assessore alla Casa Lucia Funari, che avrebbe ottenuto «tangenti per 100mila euro» al fine di «prorogare l’emergenza alloggiativa». Tuttavia queste rivelazioni sono sotto analisi della Procura di Roma, che almeno in una parte già ritiene Buzzi inattendibile. In particolare, nei rapporti con Alemanno, la cui ricostruzione («non gli ho dato soldi», ha detto nei precedenti interrogatori) non risulta «plausibile» sotto un profilo «logico». L’imprenditore, poi, racconta di erogazioni in denaro a «Maurizio Pucci, al tempo della campagna elettorale del 2006, quando gli erogammo finanziamenti e gli mettemmo a disposizione un’autovettura, che lui non voleva più restituire». Le assunzioni chieste e ottenute da Luigi Nieri (non indagato), ex vice di Marino, sarebbero costate «circa 100mila-200mila euro, di gente che lavorava, e fatte in una logica di scambio, in ragione della qualità pubblica rivestita dal vice sindaco».
Particolare di rilievo riguarda il «sistema» degli emendamenti al Bilancio comunale portati dai singoli consiglieri. Secondo Buzzi, in alcuni casi, questi emendamenti avrebbero avuto il fine di ottenere denaro pubblico che poi sarebbe finito nelle casse di Mafia Capitale. «Altri pagamenti, o promesse di pagamenti, sono intervenuti nelle forme che seguono. Vi è stata una promessa del 10% di uno stanziamento, pari a circa 2 milioni di euro, di cui Tredicine (Giordano, ex consigliere di Forza Italia, ndr) e Pomarici (Marco, attuale capogruppo di Noi con Salvini, ndr) avevano la disponibilità in bilancio, con i cosiddetti emendamenti. Mi sono incontrato con costoro in Piazza del Campidoglio, loro mi hanno rappresentato, io ho accettato e, su loro richiesta, ho promesso loro il 10% di tale valore. Altra erogazione materialmente effettuata, con riguardo ai cosiddetti emendamenti, riguarda Pedetti.
Nel novembre del 2014, egli mi chiese un prestito di 10mila euro, che io gli accordai in contanti, come da sua richiesta, prelevandoli dalla cassa nera, ottenendo in garanzia un assegno che è stato rinvenuto in cassaforte in sede di perquisizione. In realtà, poi, convenimmo, su sua richiesta, che egli non mi avrebbe restituito tale somma, ma che avrebbe orientato in un settore a me favorevole l’emendamento di cui disponeva di circa 60-70mila». Emendamenti, inoltre, sarebbero stati fatti in favore di Buzzi anche da Giansanti (Luca, ex capogruppo Lista Marino, ndr) e Ferrari (Alfredo, ex presidente commissione Bilancio, ndr). Sempre con Ferrari, mi sono accordato per un compenso, compreso tra il 5 e il 10%, su una somma di 400mila euro, che costituiva l’emendamento, inteso come il potere di stanziamento in bilancio, che spettava a lui e Onorato (Alessandro, capogruppo, ndr) della Lista Marchini. Non ho mai parlato sul punto con Onorato».