lunedì 14 maggio 2018

L'AMERICA FA TREMARE I PARTITI E FANNO QUESTO ANNUNCIO CLAMOROSO SUL M5S. SENTITE COSA PENSANO..

Colloquio con un diplomatico di lungo corso, la distinzione fra Lega e M5S, la presa di distanze da Bannon, le rassicurazioni di Di Maio nella visita in Usa


La fonte conosce molto bene le cose della politica italiana. Le ha studiate e poi verificate sul campo. Da diplomatico. Un diplomatico americano di lungo corso, di quelli che mettono nelle condizioni l'ambasciatore di turno di destreggiarsi nella complicata, spesso contorta, politica del Belpaese. Le considerazioni fatte con HuffPost possono aiutare a capire l'approccio americano al terremoto politico del 4 marzo. Che l'alleato di oltre Oceano tifi per un governo stabile, questo è scontato. Meno, molto meno, l'approccio, pragmatico, nei confronti del partito uscito vincitore dalle urne: il Movimento 5 Stelle.
La sintesi di questo approccio è: vediamoli alla prova. Nessuna demonizzazione e, cosa di una qualche importanza, non si sommano i pentastellati ai leghisti di Matteo Salvini.
Su questo punto c'è una avvertenza di non poco conto: le affermazioni dell'ex stratega elettorale di Trump, quel Steve Bannon, ora caduto in disgrazia dalle parti della Casa Bianca, non rispondono al pensiero del dipartimento di Stato e dello stesso Presidente. Al Corriere della Sera, che lo intervistò a Roma dove era arrivato per seguire le votazioni, Bannon sostenne che "questa elezione è cruciale per il movimento populista globale" che può contare su quasi due terzi del Paese. "Più che una lettura della realtà politica italiana – dice la fonte – quella di Bannon appare una speranza di governo che impegna solo il suo assertore".
Resta la distinzione tra 5 Stelle e Lega. Un passaggio-chiave nella determinazione di questo giudizio é stata la visita, nel novembre scorso, di Luigi Di Maio negli Usa. La stampa nostrana si è soffermata sul suo inglese, sui congiuntivi ed (eventuali) gaffe. Gli americani, che badano al sodo, hanno invece soppesato le sue affermazioni di merito. Che la nostra fonte invita a riprendere. "L'Italia non deve restare isolata", dichiarò a Washington Di Maio, "per quanto ci abbiano demonizzato come isolazionisti l'obiettivo è fare in modo che questo Paese abbia più relazioni internazionali possibili in un'ottica in cui gli Usa sono uno dei nostri principali alleati e la Russia un nostro interlocutore storico. Siamo sempre stati uno di quei Paesi al centro del Mediterraneo alleati dell'Occidente che hanno sempre avuto buone relazioni con altri Paesi fuori del blocco occidentale".
Qui occorre una spiega geopolitica: nonostante i super missili invincibili decantati da Putin, l'amministrazione Trump considera la Russia, sul quadrante mediorientale, non un nemico ma un "garante" di un contenimento dei conflitti. Né considera Mosca un soggetto contro cui scatenare la "guerra dei dazi".
Per tornare a quella visita, il risultato, affermò lo stesso Di Maio dopo l'incontro con Conrad Tribble, vice-assistente del segretario di Stato per gli Affari europei, è che "il dipartimento di Stato Usa ha espresso apprezzamento per quelle che sono le posizioni del M5S, abbiamo eliminato le dicerie, le demonizzazioni del movimento sulla politica estera". In quella missione, Di Maio, accompagnato dall'ambasciatore Armando Varricchio, ha incontrato al Congresso anche alcuni parlamentari democratici e repubblicani con i quali ha parlato tra l'altro di Nato, Ue, sanzioni a Russia, riforma fiscale, politica interna. L'America non è in cerca di un "Orban italiano" o di costruttori di "muri" per difendersi dall'"invasione dei migranti". Gli Usa si attendono che il nuovo governo mantenga gli impegni assunti in alcune aree a rischio – l'Afghanistan, in primo luogo, il Niger, la Libia – e in ambito Nato.
Un punto di frizione forte, rimarca la fonte, potrebbe avvenire se un eventuale governo a guida 5 Stelle dovesse ritirare i soldati italiani impegnati in Afghanistan, un fronte che Washington ritiene fondamentale nel contrasto al terrorismo jihadista, tanto più dopo la sconfitta dell'Isis in Siria e in Iraq. Così come le intenzioni dei 5 Stelle sulla Libia appaiono, agli occhi della diplomazia Usa, incoraggianti e in continuità, di fatto, con l'azione svolta dal governo uscente.
Quanto all'atteggiamento verso Bruxelles, l'amministrazione Trump non lo ritiene un elemento centrale per valutare il grado di affidabilità di un alleato: "Si sa – spiega ancora la fonte – che il presidente Trump preferisce sviluppare relazioni bilaterali". Semmai, aggiunge la fonte, i più stretti collaboratori di The Donald apprezzarono molto il giudizio estremamente positivo che il leader dei 5 Stelle espresse sulla riforma fiscale repubblicana, fino al punto da ritenerla un "modello" da riproporre in Italia. Quanto poi alle politiche comunitarie, Di Maio ha chiarito che "se il Movimento Cinque Stelle andrà al governo resterà nella Ue ma magari metterà in discussione alcuni trattati e la questione del deficit al 3%". Di Maio solo alcuni giorni fa parlava di Unione Europea "alveo naturale" dell'Italia e sottolineava che la politica estera di un eventuale governo M5S sarà imperniata su alcuni punti "inderogabili", ovvero "rispetto del diritto internazionale e della carta delle Nazioni Unite", rispetto "del multilateralismo e della politica della non ingerenza", "cooperazione internazionale".
Sulla Nato i 5 Stelle in passato non avevano nascosto posizioni radicali, fino ad arrivare a ipotizzare un'uscita dall'organismo, salvo poi girare sulla necessità di una riforma. "Abbiamo sempre detto e lo dirò anche oggi che il nostro obiettivo è restare nella Nato ma abbiamo perplessità sulla spesa al 2% del Pil in armamenti. A noi farebbe piacere avviare dei progetti in ottica di sicurezza per rafforzare l'intelligence, investimenti in innovazione che possano anche essere partnership esclusive con gli Stati Uniti". La lettura che la stampa nostrana dette di quella visita era di un tentativo di accreditamento di un giovane di belle speranze presso il potente alleato americano. "Ma questo – si limita ad osservare la fonte Usa – è avvenuto da sempre e per politici di ogni colore". Il problema semmai è verificare queste intenzioni in una eventuale azione di governo. Per la quale Washington non fa il tifo ma nemmeno considera un salto nel buio. E questa è già una notizia.
Fonte: http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06/per-washington-il-governo-m5s-non-e-un-salto-nel-buio-vediamoli-alla-prova_a_23378401/

1 commento:

  1. dazi ai cinesi in ita far si che sene vadano tartassandolisi stanno mangiando ita dobbiamo agire

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